Basilica di San Calimero

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

La più antica menzione di questa chiesa, sita nei pressi dell'incrocio tra via Santa Sofia e corso di Porta Romana, si trova in un epigramma del vescovo Ennodio (fine V secolo) che ricorda il restauro della basilica compiuto dal vescovo Lorenzo, datazione confermata dai mattoni con la marca di fabbrica del coevo re Teodorico rinvenuti nella cripta nel 1905.
Il luogo in cui sorge la chiesa era anticamente un'area cimiteriale fuori porta, sita lungo la via per Roma; ancora oggi, murate sul fianco destro della chiesa, si vedono alcune lapidi funerarie pagane e cristiane provenienti dalla vecchia necropoli. Sembra inoltre che nei suoi pressi sorgesse un tempio di Apollo, almeno stando a un testo del X secolo che parla dell'uccisioine di Calimero.
E nella cripta una lapide dell'VIII secolo ricorda che il corpo del santo venne in quel periodo sistemato sotto l'altare della cripta stessa, provandone così l'esistenza fin da allora.

Del primo tempio paleocristiano dedicato a San Calimero sarebbe rimasto ad oggi solo l'arco trionfale, visibile nel sottotetto della chiesa, mentre della fase romanica San Calimero conserva ancora il fianco meridionale e l'abside, a tutt'oggi le parti più significative dell'edificio.
L'abside, ritmata da arcatelle a bocca di forno, è suddivisa in parti da sei lesene e aperta da tre ampie finestre ad arco, temi visibili anche in Sant'Eustorgio; il fianco destro presenta un paramento di mattoni a vista inframmezzati da corsi disposti a spina di pesce.
Nel 1567, al tempo della vista di San Carlo Borromeo, la chiesa si presentava male in arnese e venne così deciso di intervenire sull'edificio: si completò il rifacimento della volta, si aprirono un oculo sulla facciata e uno nella cappella maggiore e venne rifatta la cappella del battistero; nel 1604 i lavori erano terminati.
Anche la cripta fu rifatta e pochi anni dopo affrescata dai Fiamminghini. Vi fu poi una ristrutturazione dell'edificio nel 1654, eseguita dal Richini, il quale le diede un aspetto più sobrio e austero; il Settecento lasciò il suo segno nei ricchi rivestimenti marmorei offerti dalla Confraternita del Sacramento, e nel primo Ottocento venne rifatto, in eleganti e discrete forme neoclassiche, l'altar maggiore, che resistette anche all'ultimo, totale sovvertimento subito dalla chiesa alla fine del secolo XIX ad opera dell'architetto Angelo Colla, che pretese di riportare l'edificio alla sua purezza romanica ma in realtà finì col disperdere gli interventi richiniani e i successivi citati abbellimenti.
La basilica appare oggi come un edificio in stile neoromanico, con una facciata in cotto, a capanna e sormontata da tre guglie poligonali coronate ognuna da una croce in ferro battuto. Sotto le tre grandi finestre monofore ci sono i tre portali con lunette musive. Precede il portale centrale un protiro ottocentesco poggiante su colonnine, la cui volta è decorata con un mosaico raffigurante un cielo stellato. La lunetta del portale maggiore raffigura San Calimero, quarto vescovo di Milano. Il campanile, impostato in età romanica, fu ricostruito nel Seicento nella cella campanaria. L'interno ad aula unica aveva in origine una copertura a capriate; la divisione in campate coperte da volte oblunghe appartiene quindi a una fase successiva.
Ai nostri giorni, dell'antica chiesa, oltre alla cripta di cui diremo tra poco, restano alcune testimonianze: mentre il lacerto di affresco raffigurante la "Madonna con Bambino tra Santa Caterina d’Alessandria e Santa Caterina da Siena", del XV secolo, attribuito a Cristoforo Moretti, proviene invero dalla demolita chiesa di San Rocco, risalgono alla vechia chiesa la "Crocifissione" (scuola lombarda del 1600) attribuita erroneamente al Cerano e sita nel primo altare a destra, e la "Natività", in passato attribuita a Marco d'Oggiono (terzo altare a destra); nell'attigua sacrestia, un tempo chiesa di San Michele, si trova un soffitto a passasotto e al primo piano, un tempo Sala Capitolare dei Disciplini, si trovano altri affreschi, stavolta settecenteschi, opera dei pittori Grandi e Paravicino.
Altre opere più recenti all'interno della basilica sono l'Ottocentesco altar maggiore neoclassico con ciborio circolare sorretto da colonne corinzie, l'Altare di Sant'Arialdo da Carimate (secondo a destra) con un bassorilievo raffigurante sant'Erlembardo Cotta, il pulpito in pietra del 1882, l'affresco nell'abside raffigurante la SS. Trinità e, sulla cantoria alla sinistra del presbiterio, dietro una trifora sorretta da colonnine, l'organo a canne, costruito da Giuseppe Bernasconi nel 1884 e restaurato dalla ditta Mascioni nel 2014.
La cripta cinquecentesca conserva una volta affrescata dai fratelli Fiammenghini (Giovanni Battista e Giovanni Mauro della Rovere), che rappresenta i Vescovi di Milano santificati con busti e chirlande di fiori e frutti; vi si trova inoltre l'altare-tomba del vescovo San Calimero, in cui furono traslate le ossa del santo nel 1609 per volere del vescovo Federico Borromeo, come reca un'iscrizione sul retro.

La chiesa può essere raggiunta con la metropolitana M3 (Crocetta), i tram 16 e 24 o il bus 94.